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Ricerca DELL’ESSENzIALITà

| ICONIC GOURMAND| Chiara Melani

Quali sono le sue prime memorie sul cibo? Sono cresciuto a Rivisondoli, immerso nella natura e nel contesto di un piccolo paese di montagna in Abruzzo. Se ripenso alla mia infanzia ricordo il sapore del pane con il formaggio che mangiavo insieme a mio nonno al ritorno dalle passeggiate in montagna, gli orapi – spinaci selvatici che sulla Majella si usa raccogliere a primavera, ma anche il brodo delle feste: un brodo elegante e confortevole, per me emblema del Natale in famiglia. Sono memorie di sapori semplici e puri, autentici, che ancora oggi contraddistinguono la mia cucina.

Come definirebbe la sua cucina? In quale piatto respiriamo maggiormente i sapori abruzzesi?
La mia è una cucina apparentemente semplice. I piatti si compongono di pochi, pochissimi ingredienti (a volte uno solo) ma dietro nasconde una notevole complessità. È stata de nita una cucina dell’ingrediente, nel senso che si concentra sulla materia prima per farne esplodere al massimo tutte le potenzialità. È una cucina che trae ispirazione dall’Abruzzo sebbene non si può de nire abruzzese in senso tradizionale. Un piatto come Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato è un omaggio a uno dei prodotti più noti e preziosi della regione, lo zafferano di Navelli. In Torcinello di agnello arrosto con friggitelli e mosto mi sono cimentato in una mia interpretazione della cottura delle interiora di agnello – piatto tipico della tradizione pastorale abruzzese, mentre In ‘Scarpetta’, paté di agnello e Montepulciano riprendo tre elementi molto caratterizzanti dell’Abruzzo: il pane (di Solina, grano tenero tipico delle montagne del centro sud), la carne di agnello e il Montepulciano, vino straordinario simbolo della regione. In Lenticchie, nocciole e aglio utilizzo le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, in provincia dell’Aquila, legumi rari e pregiati. All’Abruzzo oggi mi sento legato soprattutto dal punto di vista identitario: ne utilizzo le straordinarie materie prime e ne evoco, con la mia cucina, le atmosfere silenziose e potenti, la purezza della natura e la bellezza dei paesaggi.

Come crea un nuovo piatto e dove trae ispirazione?

La creazione di un nuovo piatto è un processo lungo ed elaborato. Io e il mio team passiamo attraverso innumerevoli prove prima di giungere alla versione de nitiva, e continuiamo a modi care i piatti alla luce delle nuove conoscenze che acquisiamo nel tempo. Al Reale portiamo avanti una ricerca costante sulle materie prime e le tecniche di preparazione: a volte parto da un ingrediente, altre volte da un ragionamento sulle strutture, e spesso la ricerca mi porta a prendere strade diverse da quelle che avevo immaginato all’inizio. Non parto mai con un’idea de nita: inizio a lavorare la materia prima, la studio e imparo a conoscerla con il tempo e con le prove, no ad arrivare alla mia versione de nitiva del piatto. In ogni modo la mia creatività non è mai ne a se stessa ma risponde sempre alla domanda iniziale che mi pongo: come può un piatto essere buono, salutare, esteticamente bello, sostenibile, ripetibile e nuovo?

Innovazione o tradizione. In cosa si identi ca la sua cucina?

In entrambe. Perché l’innovazione è possibile solo a partire da una tradizione.


Che esperienza vive colui che sceglie Casadonna?
Quando con Cristiana abbiamo deciso di rilevare questo ex monastero del XVI secolo, non cercavamo solo una nuova sede per il ristorante Reale ma un posto dove poter esprimere al massimo i nostri concetti di accoglienza, io in cucina e lei in sala. Così abbiamo creato 9 camere di charme dedicate ai clienti del ristorante, e una tenuta di 6 ettari che comprende una vigna sperimentale, un frutteto, sei orti per la coltivazione dei vegetali, un giardino di erbe aromatiche e spontanee, un apiario per la produzione del miele Casadonna. E, adiacente al ristorante Reale, si trova l’Accademia Niko Romito, la scuola di cucina professionale che ho fondato nel 2011 dove arrivano 32 allievi all’anno da tutta Italia.Il restauro dell’edi cio è stato orientato alla massima conservazione dell’esistente, l’architettura è essenziale, elegante, imponente: mattoni antichi, pietra della Maiella, legno, pareti trattate con la cera d’api come si faceva anticamente. Atmosfere silenziose, spazi ampi, luce e verde, in un dialogo continuo tra interno ed esterno. Venire a Casadonna è un’esperienza totalizzante, che coinvolge tutti i sensi e suscita molte emozioni nei visitatori. È un luogo speciale, dedicato al culto del gusto e del bello.

Quanto è stata ed è importante la gura di sua sorella Cristiana in sala e perché?
Cristiana è Maître D’ del Reale e General Manager di Casadonna, ed è l’altra mia metà. Come me ha abbracciato con gioia e un po’ di timore questo progetto quando, da giovani e senza alcuna esperienza alle spalle, abbiamo deciso di rilevare la trattoria di famiglia e trasformarla nel ristorante Reale. Nella percezione e nel contatto con gli ospiti la sala arriva prima della cucina, ed è fondamentale che lo staff sia in grado di trasmettere i concetti chiave di miei piatti e guidare gli ospiti nell’esperienza che stanno per compiere. Cristiana ha saputo creare uno stile caldo e insieme rigoroso per la sala, un modello di accoglienza discreta e attenta che rispecchia la nostra identità, rispetta gli ospiti ed è perfettamente coerente con lo spirito del luogo.

Cosa signi cano per lei le stelle Michelin?

Le stelle Michelin sono il più ambito riconoscimento in ambito culinario. È stata per me un’emozione grandissima riceverle e resta un onore e un compito impegnativo mantenerle.

Chi era suo mentore?

Io sono un autodidatta, ho avuto pochi maestri ma alcune persone sono state per me una fonte di ispirazione. In particolare Valeria Piccini e Maurizio Menichetti del ristorante Da Caino, da cui ho imparato a rispettare la materia prima, e i fratelli Roca, che mi hanno insegnato le in nite possibilità che la tecnologia può offrire in cucina.

Che consigli dà agli allievi della sua Accademia?

È importante che i giovani cuochi capiscano il legame con il territorio di appartenenza e con le proprie radici. Consiglio sempre di imparare prima le basi della cucina italiana tradizionale e poi provare a costruire un proprio linguaggio gastronomico originale.

 

Web: nikoromito.com

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